Il provvedimento a beneficio della salute pubblica più sentito degli ultimi 30 anni è sicuramente quello della rimozione dell’amianto.

Ma cos’è questo materiale di cui tanto in passato (e ancora oggi) si è discusso?
L’amianto è un minerale naturale a struttura microcristallina e di aspetto fibroso, appartenente alla classe chimica dei silicati e può essere filato o tessuto. Sin dalla sua scoperta è stato ampiamente sfruttato per le sue eccezionali proprietà di resistenza al fuoco, di isolamento termico ed elettrico che lo hanno reso popolare come rivestimento per tetti e pareti, per la facilità di lavorazione, per la capacità di resistenza agli acidi ed alla trazione, senza considerare anche il costo contenuto che lo ha reso ancora più diffuso.
La sua resistenza lo ha fatto valere come un ottimo additivo per il cemento o per vernici, cosicché il mondo edile se n’è servito per realizzare grondaie, tubi, feltri per sottofinestre, ma anche tramezzi e piastrelle.

La legge del 1992 sulla nocività dell’amianto

L’utilizzo di questo materiale è stato però vietato in Italia nel 1992 con l’approvazione della legge 257, dopo la scoperta della sua nocività per la salute conseguenza del rilascio di fibre potenzialmente inalabili con effetti importantissimo per l’apparato respiratorio.

La presenza di materiali contenenti amianto in un edificio non comporta di per sé un pericolo per la salute di chi vive all’interno. La loro pericolosità dipende invece dall’eventuale rilascio di fibre nell’ambiente poiché i materiali considerati più pericolosi sono quelli friabili: potendosi ridurre in polvere con con un semplice tocco, a causa della scarsa coesione interna, questi pannelli possono liberare fibre facilmente, maggiormente se sottoposti a vibrazioni o correnti d’aria, o se danneggiati nel corso di interventi di manutenzione. 

Dal provvedimento di legge n.257/1992 sono state formulate normative specifiche che comprendono le modalità di smaltimento, come per esempio il censimento dei siti che contengono parti in amianto, che deve avvenire da parte di ogni regione, o la creazione di piani di protezione dell’ambiente, di bonifica e di smaltimento.
Dopo essere avvenuto il censimento dei siti che ricordiamo essere obbligatorio nel caso in cui si tratti di edifici pubblici e privati, se l’amianto è in buone condizioni non c’è l’obbligo di rimozione ma solo di controllo e di manutenzione.

Noi di Artecology ci teniamo a monitorare con perizia tutte le fasi che comprendono la rimozione e lo smaltimento dell’amianto.

Quali sono di preciso le fasi di rimozione e smaltimento dell’amianto?

Innanzitutto, come si evince dal discorso trattato in precedenza, il primo passo, per la rimozione e smaltimento amianto, consiste nel verificare la presenza di amianto tramite un sopralluogo, successivamente si prepara e si invia la documentazione per le autorizzazioni necessarie all’Asl di riferimento, almeno 30 giorni prima dell’inizio dei lavori; a quel punto si incapsula il materiale coprendolo con prodotti penetranti o ricoprenti onde evitare che i danni siano aggravati; avviene poi la bonifica delle superfici circostanti, sulle quali il prodotto in amianto poggia; viene quindi rimosso il prodotto e, infine, si smaltisce definitivamente in discarica.

Le azioni di bonifica si realizzano con tre diverse modalità:

   1. Rimozione

   2. Incapsulamento

   3. Sopracopertura

La rimozione è il procedimento più diffuso e prevede lo smontaggio delle lastre di copertura o del materiale in fibrocemento contenente amianto e il conseguente smaltimento dell’amianto stesso. Questa tecnica elimina ogni potenziale fonte di esposizione ed ogni necessità di attuare specifiche cautele per le attività che si svolgono nell’edificio. Comportando un rischio molto elevato per gli addetti del mestiere e per la contaminazione dell’ambiente, devono essere meticolosamente adottate tutte le precauzioni previste dalla normativa igienico-sanitaria ed aspettare il rilascio del Nulla-osta da parte delle autorità competenti. Se da una parte ha la qualità di essere la tecnica più salda, dall’altra ha lo svantaggio di essere quella che comporta i costi più elevati ed i più lunghi tempi di realizzazione: di solito richiede l’applicazione di un nuovo materiale, più sicuro e più innovativo,  in sostituzione dell’amianto rimosso.

L’incapsulamento consiste nel trattamento dell’amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che riescono a catturare le fibre di amianto e ristabilire l’aderenza di esse al supporto. Il risultato di ciò è che si viene a formare una pellicola di protezione sulla superficie più esposta. I benefici che derivano da questo tipo di intervento sono molteplici: uno tra i vari è il costo, che risulta essere più contenuto, senza tralasciare il fatto che non richiede la successiva applicazione di un prodotto sostitutivo e non produca rifiuti tossici. Di contro, però, vi è la permanenza nell’edificio del materiale di amianto, che necessiterà obbligatoriamente un programma di controllo periodico in cui viene anche verificata la validità dell’incapsulamento che col tempo può alterarsi. 

La sopracopertura è una tecnica di “cinta” della copertura in cemento-amianto. Essa prevede  la sovrapposizione di un’ulteriore copertura a quella già esistente. In questo caso le fibre di amianto risultano essere poste tra le due coperture di modo che non si diffondano nell’ambiente. Prima di questo processo, però, le lastre d’amianto devono essere incapsulate sia per evitare lo spargimento delle fibre, che per rinforzare le parti più deboli delle lastre.